Glossario minimo per seguire le elezioni americane
Si vota martedì 5, si è già cominciato con l'early voting e nel Blue Wall i PAC dei MAGA inseguono il bro vote, ma la situazione resta too close to call: ok, spieghiamo
Dopo una campagna elettorale molto movimentata, negli Stati Uniti martedì 5 novembre infine si vota. Siamo passati dai caucus, dalle primarie, dai delegati, dalle convention e dagli endorsement: ora è il momento dei “grandi elettori” e degli stati “chiamati” per uno dei due candidati. Abbiamo messo insieme un glossario per spiegare termini ed espressioni più ricorrenti nel racconto e nella spiegazione del processo elettorale: saranno utili nella notte del 5 novembre, ma anche prima e dopo.
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Grandi elettori
Le elezioni negli Stati Uniti sono 50 elezioni diverse nei 50 stati: in ognuno il candidato vincente elegge un numero variabile di grandi elettori, determinati dalla popolazione dei singoli stati, con una correzione che favorisce i meno popolati. Lo stato più popoloso, la California, elegge 54 grandi elettori, quelli più piccoli, come il North Dakota, 3.
I grandi elettori in totale sono 538, per risultare eletti i candidati devono ottenerne almeno 270 (una spiegazione più completa è qui). I grandi elettori sono persone indicate dai candidati prima delle elezioni, e che poi comporranno il cosiddetto Electoral college, il collegio elettorale, dove i 538 decreteranno col proprio voto il vincitore. L’Electoral college non si riunisce fisicamente, ma i voti vengono raccolti da ogni stato e poi comunicati al Congresso.
Swing state
Si vota in cinquanta stati, ma alla fine queste elezioni si decideranno con ogni probabilità in sette: i tre nel nord-est Pennsylvania, Winsconsin e Michigan, i tre meridionali Arizona, Nevada e Georgia, e il North Carolina. Sono quelli che in italiano vengono definiti “stati in bilico” (swing è traducibile letteralmente con oscillazione) perché i sondaggi indicano distanze minime fra i candidati. Quest’anno sono davvero minime e ampiamente all’interno del margine di errore, il che rende il risultato poco pronosticabile. Sono gli stati dove Harris e Trump hanno fatto più campagna elettorale e hanno speso di più in annunci televisivi.
Tipping point state
Quasi tutte le combinazioni per la vittoria delle presidenziali passano dalla Pennsylvania, il più popoloso dei 7 swing state e quindi quello che dà più grandi elettori, 19. Secondo la gran parte dei sondaggisti e degli esperti di dati chi vince lì ha oltre il 90 per cento di possibilità di vincere le elezioni: questo rende la Pennsylvania il “tipping point state”, lo stato potenzialmente decisivo (letteralmente “stato del punto di svolta”). Lo sanno i candidati, che sono stati lì a lungo, e lo sanno gli elettori, che sono stati oggetto di attenzioni come mai in passato.
Blue state, red state, purple state
I due partiti principali degli Stati Uniti sono identificati da un colore: per i Repubblicani è il rosso (red), per i Democratici il blu (blue). È una convenzione piuttosto recente, che si è consolidata dal 2000 ed è stata decisa in modo arbitrario e senza particolari ragioni, ma ormai condivisa da tutti. Tanto che si parla di “stati rossi” o “stati blu” per indicare quelli che votano in modo stabile rispettivamente per i Repubblicani e per i Democratici. Gli stati che non hanno un orientamento ben definito sono la minoranza e vengono detti, oltre che swing state, anche purple state, stati viola, colore che è il risultato della fusione di rosso e blu.
Too close to call
Se a gestire i risultati elettorali statunitensi fosse solo la macchina burocratica e “ufficiale”, il risultato elettorale non ci sarebbe per settimane: i conteggi sono responsabilità dei singoli stati e sono un processo lento. Sono quindi i media, e in particolare i grandi network televisivi, ad “assegnare” le vittorie nei vari stati, in base alle proiezioni dei voti, alle loro analisi e al giudizio di un gruppo di esperti, chiamato decision desk. Lo fanno solo quando ritengono la vittoria sicura (anche se ci sono stati errori).
Altrimenti la situazione viene definita too close to call: i candidati cioè sono “troppo vicini per definire una vittoria e assegnarla”. Quando un network invece ritiene una vittoria sicura, “chiama lo stato” per un candidato: è un calco dell’espressione in inglese, diventata però piuttosto comune.
Voto popolare
Conta vincere gli stati, quindi, e si possono prendere più voti complessivi dell’avversario e comunque non essere eletti: è successo l’ultima volta nel 2016, quando Hillary Clinton prese oltre due milioni di voti in più di Trump a livello nazionale, ma perse nel conteggio dei grandi elettori. Questa distanza fra voto popolare e risultati in termini di grandi elettori viene definito electoral college bias e anche nel 2024 favorirà i Repubblicani: a Harris non basterà vincere il voto popolare.
Winner-take-all
Tutto questo processo è dovuto al sistema totalmente maggioritario delle elezioni: in 48 dei 50 stati il sistema è “Winner-take-all”, il vincitore prende tutto. In ogni stato chi ottiene un voto più dell’avversario vince tutti i grandi elettori in palio: in questo senso non cambia nulla vincere per poche migliaia o per milioni di voti.
Due stati, il Nebraska e il Maine, hanno invece deciso di assegnare diversamente i loro “grandi elettori” (4 per il Maine, 5 per il Nebraska). Due vanno al candidato più votato nello stato, e viene assegnato un grande elettore a chi prende più voti all’interno di ognuno dei collegi congressuali in cui è diviso lo stato.
Early voting
Negli Stati Uniti quasi tutti gli stati offrono la possibilità di votare in anticipo rispetto al giorno delle elezioni (election day), per evitare agli elettori di dover raggiungere un seggio lontano da casa, e poi magari di dover stare in coda a lungo. L’early voting può essere effettuato di persona, recandosi nei seggi appositi, oppure attraverso mezzi che permettano l’absentee voting, cioè il voto di chi non può recarsi fisicamente al seggio: il più comune è il voto per posta (mail-in), ma è diffusa anche la possibilità di depositare le schede ricevute per posta in una ballot box, urne ufficiali che si trovano in luoghi strategici e più facilmente raggiungibili.
Nel 2020 Donald Trump fece un’enorme campagna contro l’early voting, sostenendo senza prove che sarebbe stato oggetto di brogli, in queste elezioni ha invece invitato i Repubblicani a utilizzarlo.
Elettori registrati come Repubblicani/Democratici/Indipendenti
Negli Stati Uniti non si è iscritti automaticamente nei registri elettorali, ma per votare bisogna registrarsi nel proprio collegio. Quando lo si fa, è possibile indicare la propria propensione politica e quindi iscriversi come “elettori Democratici” o “elettori Repubblicani”: altrimenti si viene inseriti nella categoria “Indipendenti”. Ovviamente nulla vieta a un elettore registrato come Democratico di votare per il candidato Repubblicano o viceversa, ma le registrazioni sono spesso un indicatore preliminare, per quanto grossolano, delle tendenze politiche di uno stato.
Incumbent
Viene definito incumbent il presidente in carica, quello che punta alla rielezione, mentre lo sfidante è definito challenger: in questa elezione non esiste un vero incumbent, anche se Harris rappresenta l’attuale amministrazione, e il challenger, Donald Trump, è un ex presidente, situazione senza precedenti in tempi moderni. In passato il presidente in carica poteva contare su un grande vantaggio, definito incumbent advantage, che secondo molti analisti negli ultimi anni si è ridotto se non azzerato, non solo negli Stati Uniti.
Blue Wall
Pennsylvania, Wisconsin e Michigan sono tre stati geograficamente vicini e piuttosto simili da un punto di vista etnico, sociale ed economico. Fanno parte di una regione che è stata a lungo il centro produttivo degli Stati Uniti, sede delle più grandi industrie manifatturiere e di enormi aziende automobilistiche. Gli operai che ci vivevano, prevalentemente bianchi, votavano stabilmente Democratico, tanto da rendere la regione un bacino di voti sicuri per il partito: da qui la definizione di blue wall, “muro blu” (il colore dei Democratici).
Crisi economica e globalizzazione hanno messo in crisi il modello economico e fatto crollare il blue wall nel 2016, quando Donald Trump vinse in tutti e tre gli stati. Da allora sono diventati stati che i due partiti si contendono, dove il risultato non è più sicuro.
In passato con il termine blue wall si definivano tutti gli stati stabilmente Democratici, dalla California al New Jersey, ma più recentemente ci si riferisce soprattutto a questi tre, diventati “swing state”. Potreste sentire parlare di questi ultimi anche con termini come Steel Belt o Rust Belt, “cintura dell’acciaio”, poi diventata dopo la crisi “cintura della ruggine”: anche questa definizione si rifà ad antiche tradizioni industriali e a volte include altri stati del Midwest, regione centro-orientale del paese (nonostante il nome) che comprende alcune zone di Iowa, Missouri, Illinois, Kansas, Indiana, Michigan, Minnesota, Nebraska, Ohio, Pennsylvania e South Dakota.
Sun Belt
La Sun Belt è una regione molto ampia che va dalla California alla Florida, dalla costa Pacifica a quella Atlantica e che di fatto comprende tutto il sud degli Stati Uniti: negli ultimi anni è stata oggetto di un’immigrazione consistente, non solo esterna (da Messico e Sudamerica), ma pure interna, dal nord degli Stati Uniti, anche per la presenza di alcune delle aziende tecnologiche più note e importanti.
In queste elezioni si parlerà soprattutto di tre stati della Sun Belt, Arizona, Nevada e Georgia, quelli in cui il risultato è in bilico.
Latino Belt
Fra le varie “cinture”, come vengono definite varie aree degli Stati Uniti, ora c’è anche quella latinoamericana. La Latino Belt è composta da un gruppo di contee nella zona centro-orientale della Pennsylvania dove la popolazione di etnia latinoamericana è maggioritaria, grazie a un’immigrazione che arriva soprattutto dalla Repubblica Dominicana: Leigh County e Berks County sono le due maggiori, Allentown è la città più grande.
In uno stato molto in bilico il voto dei 600mila latinoamericani che vi abitano può diventare decisivo: fino a pochi anni anni fa la comunità votava compattamente per i Democratici, ma non è più così.
Bro vote
Sondaggisti e responsabili delle campagne dividono l’elettorato in fasce demografiche più o meno omogenee, in base a caratteristiche etniche, di genere, di livello economico o culturale: una delle fasce più ricercate è quella dei giovani elettori maschi, fra i 18 e i 30 anni, anche perché meno raggiungibile con media tradizionali e perché ha una quota più ampia di “indecisi”.
È stato definito il “bro vote”, dove bro sta per brother, appellativo utilizzato per indicare un amico maschio: per raggiungere questi elettori (principalmente bianchi, ma anche afroamericani e latini) che passano molto tempo online e sono spesso interessati a sport e criptovalute, Donald Trump e Kamala Harris hanno cercato canali alternativi, come i podcast. Sono stati attivi soprattutto i Repubblicani, grazie anche all’intervento dell’imprenditore Elon Musk.
Gerrymandering
Negli Stati Uniti i confini dei collegi elettorali sono ridisegnati periodicamente, e il partito che, nei vari settori dell’amministrazione, si trova al potere in quel momento cerca di ridisegnarli quasi sempre a proprio vantaggio. Il metodo più usato è quello del gerrymandering, che consiste nel “diluire” i voti dell’avversario tra i collegi in cui ha una chiara maggioranza.
Per esempio, una zona in cui il partito avversario è particolarmente forte viene accorpata nello stesso collegio a una in cui è particolarmente debole, magari per farlo perdere di pochissimo. Un altro metodo può essere concentrare in un unico collegio tutte le zone in cui l’avversario è forte, così da poter vincere nelle altre. Il gerrymandering è stato utilizzato da entrambi i partiti, quando si sono trovati nella posizione di poter ridisegnare i collegi, più o meno sfacciatamente.
Il nome viene dal governatore del Massachusetts Elbridge Gerry, che nel 1812 disegnò un distretto particolarmente contorto, che un giornale avversario rappresentò con la forma di un anfibio, la salamadra: dalla fusione fra Gerry e salamander nacque gerrymandering. Gerry apparteneva al partito Democratico-Repubblicano, al tempo rivale di quello Federalista e dalla cui scissione sarebbero nati poi i due partiti moderni.
MAGA
È una sigla che proviene dallo slogan diventato simbolo della prima campagna elettorale di Trump, Make America Great Again, Far tornare grande l’America. MAGA è diventato il termine con cui viene indicata la componente più radicale, estremista e trumpiana del partito Repubblicano, di fatto ormai largamente maggioritaria. C’è un’altra sigla con cui potreste sentir chiamare i Repubblicani: GOP, che viene da Grand Old Party (il glorioso vecchio partito) e indica tradizionalmente l’intero partito.
PAC
Portare avanti una campagna per la presidenza costa molti soldi, e nel finanziamento dei candidati sono fondamentali i PAC, Political Action Committees, Comitati per l’azione politica, affiancati negli ultimi anni dai Super PAC.
I PAC sono organizzazioni fondate per raccogliere fondi per sostenere un certo candidato o un certo tema. Le donazioni possono provenire da privati cittadini statunitensi, che contribuiscono anche con pochi dollari, oppure da organizzazioni come aziende o sindacati. I PAC devono sottostare a legislazioni rigide, e devono rendicontare le spese e dichiarare da dove arrivano le donazioni.
I Super PAC invece non possono finanziare direttamente la campagna, ma raccogliere fondi per una o più cause, spesso molto legate a un candidato. Non hanno limiti di spesa e non devono necessariamente dichiarare da dove provengono i fondi ricevuti dalle organizzazioni non profit: questi soldi vengono indicati come “dark money”.
Project 2025
Il Project 2025 è un discusso programma di governo per un’ipotetica amministrazione di destra negli Stati Uniti curato dal centro studi conservatore Heritage Foundation. Consiste in un documento da 922 pagine, presentato ad aprile del 2023, e punta a raggiungere principalmente tre obiettivi: riformare le istituzioni in modo da accentrare il potere nelle mani del presidente; mettere in atto un’agenda conservatrice in molti ambiti, dall’economia all’immigrazione; e ridurre i diritti civili sulla base di un’ideologia religiosa radicale.
I Democratici lo stanno presentando come il progetto politico di Trump, che invece sta cercando di distanziarsene, consapevole del fatto che alcune proposte non piacerebbero a parte del suo elettorato.
Roe v. Wade
La sentenza conosciuta come “Roe v. Wade” fu pronunciata dalla Corte Suprema il 22 gennaio del 1973 e rese legale a livello federale il diritto all’aborto per la donna come libera scelta personale. Quella sentenza è stata ribaltata nel giugno 2022 e da allora ogni stato può limitare autonomamente l’accesso all’interruzione di gravidanza. Da allora il diritto all’aborto è diventato un tema di campagna elettorale: il partito Democratico ha fatto della sua difesa un punto centrale della propria proposta politica, riuscendo a mobilitare una parte importante dell’elettorato.
Il ribaltamento della sentenza è arrivato con il pronunciamento “Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization”.
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